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La passeggiata del 12 agosto a Scicli 

Alle 18



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SCICLI- Il dodici agosto l'itinerario della passeggiata barocca col prof. Giuseppe Barone e il prof. Paolo Nifosì, con partenza da piazza Municipio, alle ore 18.00 riguarderà il Palazzo Beneventano, la chiesa di San Vito, la chiesa di San Matteo.

Si parlerà del colle di San Matteo, un sacro monte verrebbe la voglia di dire, col suo simbolo religioso e civile dell'ex chiesa madre di San Matteo. Quella chiesa sul monte, che per Vittorini si colloca come sull'acropoli barocca, sintetizza la storia della città dal Medioevo fino ai nostri giorni. Mater ecclesia fin dal Medioevo è stata ricostruita più volte.

   Di una importante chiesa abbiamo notizie già nella seconda metà del Quattrocento, un'architettura progettata da un architetto, Antonio Belguardo, ricordato da una lapide trascritta da Antonio Carioti nel Settecento ma purtroppo a noi non pervenuta.

Il Beguardo fa parte di un'importante famiglia di capimastri che alla fine del XV secolo si trasferirono a Palermo e li fu protagonista insieme a Matteo Carnelivari che arriva a Palermo da Noto. Il Sud-Est allora fornì importanti maestranze alla capitale.

    Nei primi del Seicento, in una fase storica di grande espansione urbana della città, si decise di ricostruire con un nuovo progetto la chiesa madre.

Era il momento in cui la città pullulava di soldati, con un ruolo rilevante di Giuseppe Miccichè, dei Ribera, dei Celestre e di tante altre famiglie che faranno assumere una fisionomia monumentale alla città.

Fu un momento rilevante anche per la diffusione del culto del beato Guglielmo, il cui processo di beatificazione era avvenuto negli anni trenta del Cinquecento e le cui spoglie si conservavano nella chiesa madre.

Un'architettura che viene completata negli anni cinquanta del Seicento e che il Carrafa cita come tra le più belle dell'area sud orientale.

Alcune ossa del santo si inseriranno nel busto reliquiario, e negli anni sessanta e settanta si faranno due urne reliquiario dedicate al santo ad opera di argentieri messinesi.

    Il terremoto del 1693 farà crollare in gran parte la chiesa che si ricomincerà a costruire a partire dai primi del Settecento con la presenza dei più bravi capimastri iblei dai Caccamo, Blandino, ai Boscarino, a Mario Spada.

Una ricostruzione lunga in condizioni economiche mutate rispetto al primo Seicento. Ci volle un secolo per completarla con le decorazioni in stucchi e con un nuovo campanile laterale, rispetto al campanile del Seicento che si trovava di spalle alla chiesa. Un'architettura bella nella sua pietra dorata che sarà in gran parte conclusa nella facciata negli anni sessanta del Settecento.

   Ma quella matrice era risorta in un luogo oramai non centrale, essendo la città oramai totalmente a valle. E visse di vita grama lungo il primo Ottocento. Dopo l'unità d'Italia, nel 1874 fu abbandonata e lentamente diventerà rudere. Solo negli ultimi decenni del Novecento si comincerà a restaurare. Rimane comunque un simbolo di straordinaria bellezza per la città.

 

 
 
   
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