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“L’isola senza ponte” di Matteo Collura 13/10/09 

 

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Ragusa - Un viaggio dentro la grande letteratura isolana e che tuttavia si avventura nella vita di uomini «senza storia». In questo paesaggio che gattopardescamente «ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’arsura dannata; che non è mai meschino, terra terra, distensivo, come dovrebbe essere un paese fatto per la dimora di esseri razionali».

C’è n’è una, dieci, cento Sicilie, annotava bene Bufalino, o forse nessuna, perchè essa «è metafora del mondo», spiega l’autore, «isola non abbastanza isola» come nel più «composito dei continenti».

«Un’isola che non potrà mai essere collegata con un ponte, per la semplice ragione che è impossibile collegare un continente a un altro, anche servendosi delle tecniche ingegneristiche più strabilianti ed efficaci. L’unico ponte possibile è quello della letteratura».

Eccola allora “L’isola senza ponte”, titolo del nuovo libro, edito da Longanesi, del giornalista del Corriere della Sera e scrittore agrigentino Matteo Collura.

«Forse è stata la promessa - o la minaccia, secondo il punto di vista - della realizzazione del ponte di Messina a suggerirmi di pubblicare questo libro. – dice sorridendo - Dico forse, perché un artista, quando si lascia guidare dalla semplice ispirazione, non sa mai con esattezza perché realizza le sue opere. In ogni caso, in vista dell’evento, come uno sfollato ho preparato il mio bagaglio a mano. Dentro ho messo tutto quanto può servirmi per conservare una mia idea di Sicilia che, mi auguro, possa diventare anche un po’ quella dei lettori».

Alla sala Falcone Borsellino di Ibla, il prof. Gaetano Lo Monaco introduce il pubblico negli «spazi scenici» che fanno da sfondo ai grandi romanzi, attraverso quel viaggio che Collura, compie con semplicità, rifuggendo i luoghi comuni, affascinando proprio nel momento in cui «mostra l’unicità e l’irripetibilità di essere siciliani», suggerisce il professore. Forse perché la Sicilia suggestiona e si autosuggestiona, molto più della Sardegna. «Il legame che tiene stretti i siciliani alla loro terra non si scinde mai – ribadisce lo scrittore - Si tratta di una condizione di insularità particolare, un fatto che appartiene alla mitologia, qualcosa di ancestrale».

Così la storia millenaria, stratificata, infinita diventa «mappa emotiva» di un «libro-guida» sulla Sicilia e i siciliani. Perché sono loro, “uomini e donne di Sicilia”, così come recita il sottotitolo del saggio, complessi e affascinanti, duplici e contraddittori in ogni loro aspetto che Collura narra e indaga, lasciandosi trasportare dal mistero delle corrispondenze, a partire dagli illustri: Pirandello, Antonello da Messina, Sciascia, Brancati, Bufalino. Sottilmente va l’autore, cercando una magra vena di pazzia, tra le tracce ormai consunte che si ergono per metà in contrada Caos, o la goliardersca sensibilità del dipinto, l’”Uomo ignoto”, dal carismatico sorriso, tuffandosi nei complessi rapporti amorosi, carnali, nel decoro o nel senso luttuoso, cupo e opprimente, della morte, lascito iberico e ancor prima greco. «C’è la morte - è vero - in questo libro; - chiarisce l’autore - e anche la disperazione. E non potrebbe che essere così, trattandosi di un libro non folcloristico né consolatorio né, tanto meno, alla moda».

E c’è l’epigrafe, quella sciasciana, d’inspiegabile visione, e la parvente disperazione del «meno siciliano tra gli scrittori isolani», quella ricerca sensoriale in “Paolo il caldo” di Brancati o la sensuale esplorazione dell’isola di Guy de Maupassant. Vinti e vincitori di verghiana memoria, che si ritrovano, in seguito, al cospetto degli Uzeda. E ancora la grande cultura degli uomini d’altri tempi, qual era ad esempio il principe Tomasi di Lampedusa; «come tanti altri, ho sbagliato a giudicare il “Gattopardo”. – confessa Matteo Collura - Non si trattava di un romanzo passatista, volto all’indietro. È invece probabilmente il libro più importante della letteratura italiana dopo i “Promessi Sposi”».

Rivalutazione convinta e ferma di un testo che sembra, perché no, rispecchiare anche l’Italia di oggi. Un insieme di racconti e saggi, dunque, che si snoda dal centro reclinato di Agrigento per estendersi al paesaggio fisico, e a quello dell’anima, per andare incontro alle passioni, ai drammi e alle gioie di uomini e donne non sempre e solo illustri. Una mano, fanciulla, scavata nella roccia, sorge a ricordo della disperazione di una madre messinese, dopo il terribile terremoto del 1908, e quella strana “lue”, incisa sull’epitaffio voluto dalle sue alunne, del professor Alessandro Pistarini, ancora oggi sta nel cimitero di Agrigento. E non solo.

«Non so quante volte - afferma Collura - come l’abate Faria, scrivendo abbia tentato di evadere dalla Sicilia, ritrovandomi sempre in una posizione più interna di quella da cui ero partito. E questo non perché la Sicilia è una prigione dalla quale è impossibile evadere come la fortezza immaginata da Alexandre Dumas, ma perché non si finisce mai di parlare della propria terra, di evocarla, di confrontarla, di allontanarla o chiamarla a sé». Quello che chiamano «sicilitudine».

Silvia Ragusa

Fonte  http://www.sciclinews.com/news/L%20Isola-senza-Ponte.-Matteo-Collura:-L%20unico-ponte--la-letteratura/0000012710

 
 
   
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