L’analisi dei documenti giacenti presso l’Archivio di Stato di Ragusa e della sezione di Modica agevola
sicuramente la ricostruzione di un quadro esaustivo delle professioni, delle arti e dei mestieri esercitati nei tredici comuni dell’area iblea, nell’Ottocento e nei primi del Novecento.
Questi documenti rappresentano una chiave di lettura di rilevante importanza per uno studio sistematico delle attività lavorative esercitate dalla popolazione iblea, al fine di un’analisi ampia e particolareggiata della società locale.
Corposa e variegata, con differenziazioni di tipologie, di arti, mestieri e professioni, risulta essere la popolazione dei tredici comuni iblei negli ultimi due secoli.
Particolarmente nutrita la categoria del ramo giuridico: avvocati, notai e giudici. Non particolarmente numerosa quella dei medici ed in particolare dei chirurghi, mentre quasi tutti i comuni potevano contare sulla presenza di almeno un farmacista u “spiziale”.
Numerosi i “possidenti” a sottolineare il forte rapporto con la terra e i suoi prodotti che ancora oggi rappresentano la maggiore fonte di ricchezza e la migliore risorsa del territorio ibleo.
L’agricoltura, ricca e variegata, e l’allevamento di diversi capi di bestiame, hanno sostenuto e
sostengono ad oggi una larga percentuale della popolazione, situando questo
territorio in una posizione di grande privilegio nello scacchiere nazionale e internazionale.
Da un attento sguardo alle professioni, alle arti e ai mestieri esercitati dagli abitanti dei comuni iblei, si riceve l’immagine di una struttura sociale a base agricola e contadina con la presenza numerosa di settori artigianali variegati e in continua espansione.
Il mestiere di bracciante, un tempo, impegnava buona parte della popolazione maschile, coinvolta in attività suppletive quali quelle di giardiniere, ortolano, erbaiolo, fruttaiolo, etc.
In relazione all’allevamento di bestiame numerosi erano i caprai, i pecorai, i boari, quest’ultimi in virtù della presenza nel territorio ibleo dell’ottima razza di bovini modicani che ancora oggi fornisce carne e formaggi pregiati e rinomati.
I porcari erano presenti prevalentemente nel territorio di Chiaramonte Gulfi, località ancora oggi rinomata per l’allevamento e la preparazione delle carni suine.
Molte donne, in quasi tutti i comuni della provincia, svolgevano mestieri collegati all’arte tessile e
manifatturiera. C’erano calzettaie, cardatrici, filandiere, ricamatrici e tessitrici.
Vivace e variegato, ieri e oggi, il mondo dell’artigianato, a testimonianza di una società estremamente attiva e laboriosa. Tra i lavori più frequenti il fabbro, il falegname, il mugnaio, il mielaio, il calzolaio.
Un certo numero di abitanti era occupato nella gestione di determinati servizi necessari ed indispensabili da fornire alle comunità cittadine. Diversi i barbieri, le lavandaie ed i domestici. Quest’ultimi, sia uomini che donne. Numerosi coloro che erano impegnati nel settore delle vendite e del commercio di prodotti di varia natura, prevalentemente nel campo dei generi alimentari. Ricca e particolarmente assortita la categoria dei venditori, molti dei quali forniti di bottega.
E’ nostra intenzione partendo da un’analisi dei documenti relativi ai mestieri e alle professioni, attraverso le pagine di questo giornale, fare una sorta di ricognizione dei lavori affiancando a ciascuno di essi il tipo di attività esercitata. In questo excursus privilegeremo in maniera particolare quei mestieri che nel tempo sono andati perduti o comunque sono prossimi alla definitiva scomparsa.
Individuare i nomi di coloro che erano impegnati in determinati mestieri e professioni significa comprendere in quale misura queste attività oggi siano una sorta di eredità che potrebbe fornire suggestioni interessanti anche per comprendere l’attuale società iblea.
Ci occuperemo di volta in volta del “mastru re mura a siccu”, dello “scuparu”, del “cruviddaru”,
del “sunnunaru”, “del “vuttaru” del “mastru re carretta” etc ..
L’insieme delle peculiarità cui si è fatto cenno sembra essere un patrimonio culturale condiviso e sacralizzato nella memoria collettiva, talché il “nuovo” tragga forza e ragione dal “passato”.
La tutela e la riqualificazione ambientale, insieme al recupero dei valori perduti, rappresenta oggi, in un momento di grave crisi , un investimento di risorse per produrre nuovi ed originali valori economici a partire ad esempio dallo sviluppo controllato del turismo culturale e naturalistico; dai prodotti dell’agricoltura biologica e dal rilancio degli antichi mestieri, eredità pervenutaci dai nostri avi.