Una tradizione quella dei presepi legata all’attività dei ceramisti e al forte sentimento di pietà popolare
In tutta la Sicilia ,e nel Val di Noto in particolare, intere cittadine si preparano ad accogliere il Natale, spesso trasformandosi, grazie alle rappresentazioni dei presepi- scolpiti, monumentali, in miniatura, animati o viventi- in borghi sospesi nel tempo, dove rivivono gli antichi mestieri e si ritrovano i sapori perduti. Una tradizione ancora sentita, soprattutto nei piccoli centri di provincia, capace di riportare interi quartieri indietro nei secoli.
La novena natalizia consacrava l’inizio di un periodo sacro, durante il quale si ricreava un mondo a sé, popolato di figure e consuetudini irrinunciabili per i nostri avi.
C’era un aspetto della preparazione al Natale che coinvolgeva per intere settimane soprattutto i più giovani: era l’allestimento del presepe che veniva “cunzatu” cioè allestito dopo l’Immacolata Concezione, per mantenerlo fino all’Epifania.
Sugheri, asparagina, cotone, carte colorate per le montagne e il cielo stellato, tutto serviva a rendere la scena il più verosimile possibile. Ma erano i pastori i protagonisti: di dimensione e pregio variabile, talora vere e proprie opere d’arte, rappresentavano un mondo completo delle arti e dei mestieri.
I presepi siciliani rappresentavano un mondo agreste, popolato di figure legate alla società rurale dell’isola. Accadeva così che a fianco di elementi mediorientali , come i Re Magi, facessero la loro comparsa figure come “lu ricuttaru”, “lu furnaru”, “lu spaventatu ra stidda”, “lu cacciaturi”.
Dopo un esordio elitario , quello avuto nel Cinque e Seicento quando era esclusivo vezzo di nobili e curati, il presepe, nei secoli successivi, entrò in tutte le case siciliane e vi rimase assumendo caratteristiche diverse di provincia in provincia.
La Sicilia orientale dell’ultimo trentennio del XIX secolo fu illuminata da un famoso costruttore di presepi: Padre Benedetto Papale dell’Ordine dei Minimi. Nato nel 1836 a Caltagirone fin dall’infanzia fu attratto dal presepe e nelle sue opere sfaccettate e composite, si identifica il folkore siciliano, da esse erompe un inconfondibile profumo di sicilianità, un’antologia pittoresca di mezze tinte che affondano le radici nella sua Caltagirone da cui seppe estrarre gli umori e i sapori.
Per noi è impossibile ricordare tutti i presepi presenti negli Iblei: a seguire proponiamo alcuni degli allestimenti più interessanti che rappresentano un’occasione per conoscere meglio il Sud est della Sicilia così come ce l’hanno consegnato nei secoli tradizione e pietà popolare.
Il nostro viaggio parte da Modica dove in verità di sera dal Belvedere, sopra il Quartiere di Cartellone, il presepe si guarda tutto l’anno. Da lì si ammirano i duomi di San Giorgio e San Pietro, le case e le viuzze della Costa, il Castello dei Conti arroccato sullo sperone di roccia e l’illuminazione arricchisce la visione in maniera scenografica. Ma è in particolare dentro la chiesa di Santa Maria di Betlem che il visitatore si tuffa nell’ambiente più tradizionale del Natale.
Nel 1881 a Modica, il Governatore Vincenzo Morando Frasca, l’avv. Francesco Iozzia e il senatore del Regno Pietro Scrofani, nella qualità di amministratori della Confraternita della Chiesa di Santa Maria, fecero costruire un grande presepe a carattere stabile. E’ il presepe di Bongiovanni Vaccaro allestito da padre Benedetto Papale. Ci troviamo di fronte alla trasposizione di un allestimento pensato e costruito in una prestigiosa fabbrica di Caltagirone. Il Papale nella costruzione del presepe si avvalse dell’opera e dell’assistenza di un fabbro, dello stagnaio, del falegname e dell’opera di un pittore per curare gli sfondi e le lontananze. Utilizzò una gran quantità di sughero, tronchi di ulivo e carrubo, alberi propri delle contrade modicane. Per dare un aspetto realistico alle linee del paesaggio il frate ricorse alle stalattiti della famosa Grotta del Salto , creò burroni, rocce, picchi, grotte, il tutto in una verosimiglianza con la natura con le sue accidentalità. Una prodigiosa varietà di piante proprie del luogo e della stagione arricchiscono la visione. Per animare la sua costruzione il Papale incaricò la famiglia calatina dei Bongiovanni Vaccaro di modellare sessantacinque figure presentate in costume del contado modicano colorate e decorate a regola d’arte. Grazie a questo frate a al suo capolavoro, che riproduce usi e costumi delle contrade più pittoresche della città di Modica, da più di un secolo la suggestione e la tenerezza pervadono i cuori dei locali e dei visitatori alla visione di questo tesoro che fa rivivere la festa più bella dell’anno. Fuori della Chiesa c’è la nota Lunetta del Berlon una realizzazione cuspidata i calcare duro che risale ad un periodo compreso fra il XV ed il XVI secolo. E’ una natività molto semplice e popolare, preziosa per essersi salvata dalle tante distruzioni che la città ha subito tra il settecento e il primo novecento a causa di sismi e alluvioni.Nella città della contea in più di un’occasione è stato allestito il presepe vivente nel parco archeologico di Cava d’ Ispica. E’ stato uno spettacolo unico in uno scenario incantevole fra grotte, anfranti, percorsi resi suggestivi dallo scenario naturale illuminato sapientemente .Durante il percorso i visitatori si sono immersi in un’atmosfera carica di emozioni, di antichi odori , di musiche tradizionali che hanno scandito le attività dei figuranti. Le grotte hanno accolto gli antichi mestieri della Contea: la massaia intenta a preparare il pranzo e pochi metri distanti gli artigiani, le lavandaie, i pastori. Cava d’ Ispica ha rappresentato una sfida seria per gli organizzatori. Un luogo difficile con i suoi tredici chilometri di vallata con un percorso indubbiamente caratteristico ma azzardato per l’allestimento scenografico, nel quale si sono realizzati squarci di usi e consuetudini della Contea di Modica. Eppure tutte le volte che il presepe è stato proposto il risultato è stato eccellente.
A Scicli da visitare il presepe storico custodito nella Chiesa di San Bartolomeo. O meglio ciò che resta della realizzazione di fine Cinquecento, autore uno scultore rimasto ignoto. L’opera è stata danneggiata dal grande terremoto del 1693, subendo diversi restauri. Nel 1773 l’intero presepe venne rinnovato con circa sessanta sculture, assumendo in gran parte la fisionomia attuale. Oggi rimangono da ammirare alcune statue in legno dipinto, alte circa un metro e mezzo. La peculiarità del presepe di Scicli sta nella scelta dei soggetti riferiti al mondo popolare contadino, solo Maria e Giuseppe hanno abiti riferibili ad una cultura classicista, mentre i pastori , i contadini, i poveri, i passeggeri indossano abiti di tradizione popolare. Il presepe di Scicli elabora un modello che da un lato rimanda alla cultura rinascimentale e dall’altro propone una civiltà contadina e in questo senso si differenzia da quelli realizzati in Sicilia e dalla tradizione iconografica napoletana .La collina di Chiafura negli anni passati ha fatto da sfondo a un suggestivo presepe vivente. Della collina ove si trovano abituri rupestri, Pier Paolo Pasolini che la visitò nel 1959 assieme a Renato Guttuso, a Duccio Trombatori e a Paolo Alatri, scrisse che era” una specie di montagna del Purgatorio, con i gironi uno sull’altro, forati dai buchi delle porte saracene, dove la gente ha messo un letto, delle immagini sacre, dei cartelloni di film alle pareti e lì vive ammassata, qualche volta con il mulo ”. Si tratta di un rustico agglomerato troglodito, composto da cento bocche che si aprono nel lato sinistro del colle di San Marco. Le grotte furono abitate fino agli anni ’50 e per tale motivo furono oggetto di denunzie e di lotte sociali a livello nazionale. L’insieme delle grotte ha una visione veramente suggestiva da fare immaginare la città di Scicli come un presepe vivente per eccellenza
A Ragusa prima ancora di andare a visitare le chiese con i suoi presepi occorre ammirare le miniature di terracotta del presepista Giuseppe Criscione. Autentico scultore dell’argilla, dalle sue mani prendono forma e colore uomini e paesaggi, contadini e “mastri”, mestieri tradizionali, straordinariamente esemplificativi delle tradizioni di cultura iblea. Le sue opere rinnovano la tradizione dei maestri figurinai calatini, Giacomo Bongiovanni e Giuseppe Vaccaro, dei quali, in una sorta di apprendistato, ha studiato i pezzi ma anche è intervenuto al restauro di alcuni “pastori”, da loro realizzati, nel monumentale Presepe della Chiesa di Santa Maria di Betlem a Modica, gravemente danneggiati nel 1989 dalla caduta di un architrave. Nella rappresentazione dell’evento natalizio, le sue figurine presepiali sono fortemente connotate da un’evidente tipologia gestuale e mirabilmente plasmate in una varietà di pose e di espressioni di stupefacente intensità. Ragusa Ibla, definita “presepe barocco”, ricca come è di chiese e palazzi, di altissimo valore artistico, nel periodo natalizio si ammanta di un fascino ancora più straordinario. Nel borgo medioevale si è soliti organizzare la “Rassegna dei Presepi”. Nei portici vengono esposti presepi, ceramiche artistiche , foto di Ibla accompagnate dalle “Novene di Natale”. Interessanti, nella Chiesa dei padri Cappuccini di Ibla, le tavole tardorinascimentali che propongono il tema della natività con i pastori venuti ad adorare il Salvatore.
I presepi viventi di Giarratana e Monterosso Almo fanno rivivere al visitatore momenti magici e rievocano atmosfere del passato. A Monterosso Almo, il presepe viene allestito tra le stradine sinuose ed i vicoli stretti dell’antico e suggestivo quartiere “Matrice”. Qui vengono rappresentati i mestieri di un tempo con la meticolosa ricerca degli arredi, degli oggetti d’uso quotidiano, degli attrezzi da lavoro e delle tecniche di lavorazione che documentano la vita, la cultura e gli usi degli avi. Nella ricostruzione della Natività , nel comune montano, sono presenti i mestieri di un tempo e molti sono svolti proprio dagli anziani, autentici testimoni di una cultura che non va dimenticata.
Il percorso del Presepe vivente di Giarratana si snoda lungo alcune stradine, le più caratteristiche ed intatte nella loro forma originaria, dell’antico e suggestivo quartiere “U Cuozzu”. Si tratta della parte più alta del paese montano, un vero e proprio centro storico, attorno al quale, nei tre secoli successivi al terremoto del 1693 ,si è sviluppato l’insediamento urbano. Il presepe vivente di Giarratana costituisce ormai una tappa obbligata per il turismo della provincia di Ragusa. Si tratta di una realtà creata appositamente per coloro che desiderano ricercare e ritrovare usi, costumi e tradizioni che pur facendo parte della nostra storia, rischiano di andare perduti.
A Ispica, nella naturale e suggestiva coreografia dell’orto del Convento francescano del Gesù o nel bastione roccioso del Parco della Forza, è stato realizzato nel corso degli anni il presepe vivente. Lungo il percorso si incontra il sellaio che ripara i finimenti e le bardature dei cavalli, il fabbro intento a ferrare asini e muli, il ricottaio pronto ad offrire ai visitatori la calda e saporita ricotta appena sfornata, artigiani impegnati a realizzare, con rami di ulivo o di vimini, cesti e canestri di ogni tipo e grandezza. Ci sono i contadini che lavorano il terreno e accudiscono gli animali. E non si può non ascoltare le comari, con il loro vastissimo repertorio dei modi di dire e di pettegolezzi aggiornati all’ultimo minuto.
E per chi è appassionato di presepi , venendo in Sicilia, non può mancare l’appuntamento con la città di Caltagirone. Qui Natale significa soprattutto presepe come conferma la miriade di presepi- di tutti i tipi e per tutti i gusti- che fanno bella mostra di sé in ogni angolo della cittadina. Immancabile la visita al “Museo internazionale del Presepe “ che costa di un migliaio di pezzi. Le opere mostrano la sensibilità e la versatilità degli autori nell’attingere alla grande tradizione popolare o colta. Una tradizione quella dei presepi a Caltagirone legata all’attività dei ceramisti e al forte sentimento di pietà popolare. Le manipolazioni del consumismo hanno, purtroppo, falsato, in quest’ultimi anni, lo scenario del Natale trasformando in banalità quello che dovrebbe essere l’annuncio festoso della Natività, messaggio di pace, amore, fiducia e solidarietà.